Un’arte civile e operosa. Chi è Emilio Isgrò

Artista dal segno potente, uomo di pensiero e di azione, testimone del tempo. Emilio Isgrò ha aderito con entusiasmo al Premio Imprenditori più coraggiosi d’Italia realizzando un’opera che, grazie alle sue celebri cancellature, evidenzia la necessità del coraggio per ritrovare un nuovo modello per l’Italia.

“Artisti e imprenditori devono collaborare per la rinascita dell’Italia”. Lo dice così, con il sorriso e la determinazione che lo contraddistinguono. Emilio Isgrò è artista che ama riportare la complessità del mondo a una dimensione di essenzialità. Lo dimostrano le sue cancellature, il segno stilistico, ma non il suo unico, per il quale è apprezzato e riconosciuto.

Dalla metà degli anni 60, Isgrò ha infatti creato un corpus espressivo nel quale la cancellatura non è negazione ma affermazione; un tratto di materia che non nasconde ma evidenzia; un silenzio che fa emergere le parole che veramente contano e cantano. Come in L’Ape più coraggiosa è sempre la prima, l’opera realizzata
in esclusiva per Capital in occasione dell’iniziativa Gli imprenditori più coraggiosi d’Italia. Spiega il Maestro: «Le api sono un simbolo perfetto di imprenditoria. Perché si muovono e lavorano in modo naturale, ma con un progetto mirabile, non sono solo laboriose ma sono capaci di progettare. Gli studiosi lo sanno perfettamente: le api progettano il proprio habitat. E oggi abbiamo bisogno di una società capace non solo di progettarsi ma di rifondarsi continuamente».

In queste parole sono contenuti tutti quei valori che l’artista mette in campo dalle sue prime «cancellature» datate 1964: in particolare la sua visione di un’arte come evento civile, atto personale sì, ma non privato. «L’artista è un rabdomante, nel suo percorso cattura le vibrazioni tutte intorno a lui.

Non determina i cambiamenti, non è questo il suo compito, ma li avverte prima degli altri e li esprime con la propria sensibilità. Sta ad altri, poi, ai politici per esempio, ma anche agli scienziati e agli imprenditori, indirizzare le scelte e determinare le svolte». Da questa idea nascono l’impegno e la flessibilità di Isgrò nell’investigare differenti linguaggi applicati su molte tematiche storiche.

Due gli esempi recenti: le cancellature apportate sul Codice Rocco (promulgato nel 1930), la cui mostra a Castel Capuano è stata inaugurata il 23 marzo 2023 alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’apertura della sede napoletana della Scuola Superiore della Magistratura, «perché senza parola non c’è diritto e senza diritto non c’è democrazia», commenta Isgrò. L’altro esempio è l’installazione in due atti realizzata per l’Università di Padova, e inaugurata il 13 febbraio nel Chiostro di Palazzo Bo: un maestoso mappamondo in granito che riporta, con le dovute e inimitabili cancellature, la celebre abiura di Galileo Galilei (1633) alle proprie idee.

La genesi di questo mappamondo risale ad alcuni decenni fa: «Quando ero un giovane giornalista al Gazzettino di Venezia capitai a Padova, in quella stanza dove oggi appare, ruvida e maestosa, la cattedra di Galileo. Quella cattedra vuota mi inquietava e mi commuoveva, e non pensavo certo che un giorno avrei portato proprio qui la mia libertà di artista. Oggi mi è parso corretto rappresentare non solo la certezza ma anche il dubbio di Galileo. Non perché egli ne avesse, ma perché una censura occhiuta e tignosa, per non dire crudele, i dubbi li crea anche in chi non ne ha. È questo il rischio che corrono oggi le nostre società democratiche: il pericolo che la paura generi prudenza, e questa degeneri in una paralisi del pensiero e della crescita».

Ma quanti Isgrò ci sono dentro le opere di Isgrò? Tanti: l’artista figurativo famoso nel mondo con opere esposte a New York, Istanbul, San Paolo, Parigi, Londra, e naturalmente in tutta Italia. Ma c’è anche il poeta come dimostra la sua più recente raccolta Sì alla notte (Guanda, 2022), il drammaturgo, il romanziere, il regista, il saggista, l’agitatore culturale, la sentinella civile. E il giornalista: infatti dal 1960, per sette anni, Isgrò è stato il responsabile delle pagine culturali del Gazzettino di Venezia, osservatore attento di un periodo di grandi cambiamenti, di certezze e di paure mondiali, di blocchi contrapposti.

Una foto in bianco e nero lo mostra alla sinistra di John Fitzgerald Kennedy durante una visita alla Casa Bianca: «Era il maggio del 1963, pochi mesi prima che il presidente venisse assassinato a Dallas. L’ho seguito per un mese con un gruppo di giornalisti europei e quando ci siamo visti per il saluto finale Kennedy, uomo di fascino e di grande abilità comunicativa, mi ha ringraziato, ha notato la mia cravatta, l’ha apprezzata e ha chiesto se ero italiano… chissà, forse nel mio piccolo ho contributo anch’io al successo del made in Italy», ricorda con un sorriso.

«Molti pensano che il mio lavoro di artista sia stata una conseguenza di quello giornalistico, della mia attitudine a osservare e raccontare la realtà. Io penso il contrario: ho fatto il giornalista perché dell’arte avevo già una concezione pubblica, l’idea
di essere in qualche modo utile alla collettività».

Una pausa di riflessione e aggiunge: «In definitiva le mie cancellature sono il modo migliore per sottolineare le parole più importanti, le idee fondamentali. Togliere cioè l’eventuale superfluo per concentrarsi su quello che conta veramente. È una regola universale, fondamentale e utile, credo, anche per un imprenditore».